Telegram è da sempre noto come il servizio di messaggeria più usato dal terrorismo dei nostri tempi. Rivale acerrimo di WhatsApp, fu grazie ad esso che furono possibili le stragi di Parigi dello scorso novembre. E, a quanto pare, anche di quella più recente di Rouen.

Prendi un coltello, vai in una chiesa e fai una carneficina. Tagli due o tre teste, poi è finita”. È questo l’agghiacciante messaggio audio inviato via Telegram da Adel Kermiche, uno dei due attentatori di Saint- Etienne-du-Rouvray. Lo ha rivelato in esclusiva il settimanale francese L’Express ma, nella realtà, sono diversi i messaggi dello stesso tenore.

Ciò non fa che confermare come gli jihadisti amino Telegram. Ci si interroga sulle ragioni che, apparentemente, sembrano essere due. La sua praticità e inviolabilità del software fanno del servizio fondato dal russo Pavel Durov nel 2013 un’applicazione praticamente impossibile da tenere sotto controllo. E questo perchè, oltre alle chat tradizionali, su di esso veicolano decine e centinaia se non migliaia di chat segrete in grado di autodistruggersi. Nessuna traccia rimane sul server dopo un determinato lasso di tempo. Impossibile, dicevamo, risalire ai contenuti e a destinatari e mittenti. Ovviamente, anche l’applicazione stessa è impossibilitata ad accedervi e risalirvi.

Così fu impossibile – parola che ricorre – risalire ai mandanti e ai messaggi di “incoraggiamento” che pianificarono la strage parigina. In quell’occasione, il direttore generale del Fbi, James Comey, ebbe a tener presente come “l’uso della crittografia è al centro del traffico commerciale legato al terrorismo”. Lo ricordiamo, la crittografia consente solamente ai destinatari della comunicazione di leggere i messaggi, rendendola incomprensibile chi non ne è coinvolto. Inoltre, questa funzione è in uso anche su WhatsApp.

Insomma, in nome della nostra privacy, i servizi di messaggistica più comuni fanno un favore al terrorismo internazionale. Tanto che in una lista dei sistemi di comunicazione più utilizzati dai jihadisti proprio Telegram compare come uno dei mezzi da essi ritenuti più sicuri ed inviolabili. Tuttavia, questa consapevolezza non nasce e spaventa solo oggi. È dal settembre 2015 che se ne denuncia la sua pericolosità. La propaganda islamica viaggia su questi canali e spaventa, inorridisce, fa paura perchè sotto alcuna possibilità di controllo.

In nome della nostra privacy, accennavamo, gli sviluppatori di questi servizi trovano i modi, escogitano le possibilità per rendere le nostre conversazioni più sicure. Ma sicura non è la realtà al di fuori dei nostri messaggi quella che viviamo tutti i giorni. Poiché insieme ai nostri, di messaggi, viaggiano altri, ben più pericolosi che non veicolano appuntamenti o informazioni di lavoro ad amici e parenti. È il terrore che, in essi, trova cibo di cui sfamarsi.

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