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Skype, la privacy va rispettata anche sul luogo di lavoro

Il Garante della privacy conferma: il datore di lavoro non può spiare le conversazioni su Skype dei suoi dipendenti per nessun motivo. La notizia arriva dopo che una dipendente ha fatto ricorso per l’acquisizione illecita dei messaggi scambiati con il servizio di messaggistica.

Spiare le conversazioni private effettuate su Skype ed utilizzarle come scusa per un licenziamento. È quello che è successo ad una lavoratrice italiana che si è vista invadere la propria privacy sul luogo di lavoro: la donna ha fatto ricorso al Garante della privacy che ha subito accolto la sua richiesta. La sentenza afferma che il datore di lavoro non può in alcun caso utilizzare le conversazioni ottenute in maniera illecita per i propri scopi, limitandosi esclusivamente a quelle eventualmente raccolte dalle autorità giudiziarie.

Nel caso esaminato dal Garante della privacy il datore di lavoro in questione ha installato di nascosto sul computer della sua dipendente un software che può controllare non solo le conversazioni effettuate su Skype tramite il PC dell’azienda ma anche quelle eventualmente effettuate da altri dispositivi una volta lasciato il luogo di lavoro. Il datore di lavoro ha piena facoltà di scelta su come utilizzare i propri mezzi lavorativi, ma questi non devono mai andare ad intaccare la privacy e la libertà dei suoi lavoratori. La questione va ben oltre le linee guida del Garante, il quale si è visto costretto ad intervenire.

«Il contenuto di comunicazioni di tipo elettronico o telematico scambiate dai dipendenti nell’ambito del rapporto di lavoro godono di garanzie di segretezza tutelate anche a livello costituzionale» ha spiegato il Garante in una lunga lettera. I lavoratori dunque possono e devono godere del maggior rispetto della propria privacy sul luogo di lavoro, anche se si tratta dell’utilizzo di programmi di messaggistica come Skype.

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