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Facebook e le pagine che inneggiano all’odio e alla violenza, questa volta contro i bambini, sono motivo di disputa più ampia sulla libertà che offre non solo il social network, ma la rete tutta.

Che il social blu abbia degli standard volubili lo si sa da tempo, però capita che si arrivi a delle situazioni paradossali come quella denunciata dal sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, che ha proceduto alla segnalazione, tramite apposito tasto, di una pagina che odia i neonati mostrando immagini di bambini affetti da sindrome di down o disabili e inneggiando alla loro uccisione.

La risposta di Facebook è stata quella standard che si riceve nel caso di una segnalazione: ”Grazie per il tempo dedicato alla segnalazione di un contenuto che secondo te potrebbe non rispettare i nostri Standard della comunità. Le segnalazioni come la tua sono fondamentali per rendere Facebook sicuro e accogliente. Abbiamo controllato la pagina che hai segnalato per la presenza di discorsi o simboli di incitazione all’odio e abbiamo riscontrato che rispetta i nostri Standard della comunità”.

Si, avete letto bene e lo riscrivo: “rispetta i nostri Standard della comunità“. A questo punto la domanda più lecita da farsi è quali siano questi standard visto che inneggiamenti all’assassinio di neonati sono accettati. Analogo episodio è accaduta nei confronti di una pagina che insultava la Madonna, mentre quella che qualche mese fa ridicolizzava Maometto fu subito chiusa. Due pesi e due misure, verrebbe subito da pensare.

La libertà di espressione è certamente la più alta forma di civiltà, fintanto che rimane, per l’appunto, civile. Aprire pagine, di qualunque genere, che incitano all’odio e alla violenza non sono sintomo di libertà e tantomeno di civiltà, ma solo di becera ignoranza e come tale va combattuta, almeno sul web, dove l’incontro di menti labili è molto facile, troppo facile.

Ancora una volta un’occasione persa da Facebook che dimostra sempre più la sua inutilità.

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